sabato 24 marzo 2012

amarezza

Tornati.
Da una meritata vacanza.
Di cui poi parlerò.
Forse.
Non oggi.
Oggi parlo del mio lavoro.
Io ho un negozio.
Abbigliamento per bambini.
Una cosa un attimo particolare, da fashion victims in erba.
O da madri con la sindrome da shopping compulsivo.
Di quelle che comprano e non si fanno dare la busta per nascondere la loro droga dallo sguardo severo di mariti preoccupati. Nella borsa dei pannolini.
Qualcuno ha detto che "l'abbigliamento come lo faccio io non è commercio, è poesia".
Che forse proprio poesia non lo è, ma qualcosa di molto simile si.
Perché io compro cose che non venderò, ma che mi piacciono. E che ho solo io in italia. Aziende sconosciute e bellissime. E' che sono frutto di ricerca continua. Di sudore. E fatica. E amore.
Non è che credo che qualcuno possa capirlo, ma così è.
C'è amore in ogni singolo body, in ogni scarpa, in ogni felpa. Rigorosamente una per taglia.
Insomma, ci sto girando intorno, ma lo dirò: il mio negozio è fighissimo.
E posso dirlo ora, perché chiudo.
Decisione difficile. E amara. E triste. Ma soprattutto amara.
Perché ho fatto di tutto, perché ci ho creduto, perché ho fatto debiti e ho aspettato tempi migliori.
A meno di un miracolo, chiudo.
E niente.
Ero in vacanza, e pensavo a casa.
A mia madre, santa sostituta insostituibile, che mi scriveva che "qua è tutto fermo ma tu non preoccuparti che sei in vacanza". E come cazzo faccio a non preoccuparmi se mi mandi un sms così?
Ma aspettare che torno?
E non dormivo. E mi svegliavo con l'ansia e la paura e la tristezza.
E non è mica giusto.
E poi ho deciso.
Ho deciso anche se si è decisa da sola 'sta cosa, che era nell'aria da tempo. Ed era inevitabile.
Ma fa male lo stesso.
Solo che mi sono accorta che dopo averlo detto ad alta voce mi sono sentita meglio.
Ho ripreso a respirare con tutto il diaframma.
Insomma, posso usare la parola sollievo.

E dopo quattro giorni di vacanza sono andata in vacanza.

12 commenti:

  1. ho avuto un negozio di arredamento.
    ho avuto.
    so cosa vuol dire.
    mi dispiace tanto, v.

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  2. Mi dispiace, maledizione. Ma bentornata.

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  3. Che amarezza. Sollevarsi per un affare del genere.
    Ti auguro che qualcosa possa cambiare e tu possa continuare. Ma da sollevata.

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    1. ecco, l'amarezza sta qui, nel provare sollievo di un fallimento.
      e per il fatto che in un mondo giusto non dovrei chiudere.
      i miei clienti, pochi, pazzi e affezionatissimi, mi amano.
      ma in un mondo giusto lo stato non sarebbe socio di maggioranza al 55 percento.
      e sempre in quel mondo là il fitto dei miei 30 mq non sarebbe uguale a quello di 30 mq sulla fifth avenue.
      ma non volevo fare polemica, solo amareggiarmi un pò con voi. :)

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  4. @veronica, @alessandra: grazie per condividere.

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  5. credo che amarezza sia la parola giusta. ci sono momenti in cui uno quasi non riesce a respirare, mentre la decisione va maturando con le sue stesse gambe e ti si accoccola sullo sterno come un gatto. sono felice che tu abbia usato la parola sollievo - per quanto agrodolce.

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    1. bene. o meglio, meglio :) ho finalmente deciso di restare in italia, per una proposta di lavoro più allettante. ma ho pianto e magonato. sto arrivando anche io al "sollievo".

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  6. Mi spiace tanto. Anche mio padre aveva un negozio. Quando è stato costretto a chiudere è stata duretta.So che è difficile, ma cerca di non considerarlo come un fallimento...

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    1. cerco. e ci riesco anche abbastaza, visto che sono in buona compagnia purtroppo.
      ma è duretta lo stesso...

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    2. rage.
      milioni di persone frustrate e private del loro destino. una per una. gente che non dorme la notte sentendosi in colpa. l'afflizione del fallimento quando non hanno alcuna colpa.
      questo paese che è una macchina splendida guidata da un usuraio ubriaco e marcio dentro.
      ma non può durare a lungo.
      qualcuno ha tolto il tappo e gli squali moriranno. tutti. per ultimi, forse, ma moriranno.
      e la nuova generazione non permetterà loro di tornare.
      noi non glielo permetteremo.

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    3. speriamo red, speriamo.

      io il 30 nel frattempo chiudo, è ufficiale.

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