sabato 31 marzo 2012

Stasera tornando a casa ho fatto una sosta alla Feltrinelli.
Ho comprato cinque libri.
Che non avrò il tempo di leggere.

Evidentemente avevo perso la memoria.

venerdì 30 marzo 2012

gocce di memoria

Oggi.
E' tutto un odore un sapore.
Ricordi che si rincorrono e si rincorrono.
E l'odore dell'erba.
E il sole tiepido di una primavera nuova.
E un casale in campagna.
E sigarette e vino.
E spensieratezza.
E plaid a quadri sotto querce secolari.
E libri aperti e abbandonati.
E chiacchiere e sogni.
E pranzi e cene.
E fughe e ritorni.
Peccato non averti amato almeno un po'. Mi sarebbe piaciuto.

mercoledì 28 marzo 2012

un altro mondo è possibile

Lui ha un amico che vive in canada.
Da quando aveva 18 anni.
Quindi da 18 anni.
Partito per una donna.
Mai più tornato.
Vive in un posto assurdo. Tipo Fargo dei fratelli Coen.
Neve e nulla per milioni di chilometri. E meno 15 di media in inverno, con picchi di meno 40. Cose così insomma. Io ingiallirei. E intristirei.
Comunque.
Ieri chiama il tipo.
Come ogni settimana.
E Lui gli dice del mio negozio. E dell'italia in genere.
E allora il tipo racconta che si cominciano a vedere anche lì i primi segni della recessione. Che l'economia sta un po' vacillando, il commercio rischia di avere un piccolo stop.
E quindi per scongiurare una crisi la banca ha telefonato e gli ha offerto dei soldi per rilanciare la sua attività e rimettere in moto l'economia.
Chè fanno così, loro.
Ti offrono dei soldi. LORO a te. Senza che glieli chiedi.
Per non farti fallire, per non farti chiudere, per darti una mano a risollevare attività traballanti.
Che tra l'altro hai aperto con soldi che LORO ti hanno prestato.
Che lo sanno che se tu chiudi, e con te altri cento mille con cento mille attività più o meno piccole, collassano anche LORO. LORO Nazione.
Qui per non fallire devi evadere le tasse. O organizzare truffe. O produrre in cina.
Qui lo Stato per aiutarci ha aumentato l'iva di un punto percentuale. Che lo capisco anch'io che l'esame di economia l'ho fatto quattro volte che a lungo termine non serve a niente.


Comunque.
Oggi Lui me lo ha raccontato.
E io ho riso.







basta

Stamattina ho portato la prole dalla pediatra, la dottoressa Himmler.
Pesata la Iena, che cresce poco poco da quando è nata e da chi ha preso non si sa che io se respiro un po' più veloce ingrasso. E ultimamente a quanto pare respiro molto veloce. Ma questo non c'entra.
Appurato che il Vandalo era venuto solo a passeggio come le ultime cinque volte (Vandalo vuoi farti visitare? no gasssssie maaaaamma).
Discusso di vacanze, tempo, politica.
Chieste tutte le informazioni di rito su amici e parenti (che la nazista era la MIA pediatra...)
Ci sediamo.
"Dottoressa, non vorrei più allattarla."
Gelo nella stanza.
Ora. Oggi sono due anni e otto mesi che sono incinta.
O allatto.
O sono incinta.
O allatto.
Ininterrottamente.
Non ne posso più, ecco.
E credo che sei mesi e mezzo di latte materno siano più che sufficienti.
E credo che dopo quasi tre anni vorrei poter prendere un antidolorifico se ho mal di testa invece di tenermelo.
E credo che vorrei anche andare a togliere quel dente maledetto che mi fa malissimo da due anni, ma che l'anestesia....
E andare in palestra senza preoccuparmi dell'acido lattico.
E bere una birra senza sentirmi in colpa.
E lavarmi i capelli senza vederli cadere a decine.
E farmi ricrescere le unghie.
E farmi un tatuaggio.
E mettermi a dieta.
E risentirmi una donna.
E riprendermi il mio corpo.
Che io vi adoro bambini miei, ma mi state stremando.
E la gravidanza è dura, non è proprio quel bel periodo che dicono. Che infatti di solito sono gli uomini a dirlo.
E l'allattamento è anche peggio, che ti prosciuga ogni energia.
E però.
Io lo so che ne ho tutti i diritti.
E però quel gelo.
Mi ha fatto sentire veramente una madre di merda.
Ecco.

sabato 24 marzo 2012

amarezza

Tornati.
Da una meritata vacanza.
Di cui poi parlerò.
Forse.
Non oggi.
Oggi parlo del mio lavoro.
Io ho un negozio.
Abbigliamento per bambini.
Una cosa un attimo particolare, da fashion victims in erba.
O da madri con la sindrome da shopping compulsivo.
Di quelle che comprano e non si fanno dare la busta per nascondere la loro droga dallo sguardo severo di mariti preoccupati. Nella borsa dei pannolini.
Qualcuno ha detto che "l'abbigliamento come lo faccio io non è commercio, è poesia".
Che forse proprio poesia non lo è, ma qualcosa di molto simile si.
Perché io compro cose che non venderò, ma che mi piacciono. E che ho solo io in italia. Aziende sconosciute e bellissime. E' che sono frutto di ricerca continua. Di sudore. E fatica. E amore.
Non è che credo che qualcuno possa capirlo, ma così è.
C'è amore in ogni singolo body, in ogni scarpa, in ogni felpa. Rigorosamente una per taglia.
Insomma, ci sto girando intorno, ma lo dirò: il mio negozio è fighissimo.
E posso dirlo ora, perché chiudo.
Decisione difficile. E amara. E triste. Ma soprattutto amara.
Perché ho fatto di tutto, perché ci ho creduto, perché ho fatto debiti e ho aspettato tempi migliori.
A meno di un miracolo, chiudo.
E niente.
Ero in vacanza, e pensavo a casa.
A mia madre, santa sostituta insostituibile, che mi scriveva che "qua è tutto fermo ma tu non preoccuparti che sei in vacanza". E come cazzo faccio a non preoccuparmi se mi mandi un sms così?
Ma aspettare che torno?
E non dormivo. E mi svegliavo con l'ansia e la paura e la tristezza.
E non è mica giusto.
E poi ho deciso.
Ho deciso anche se si è decisa da sola 'sta cosa, che era nell'aria da tempo. Ed era inevitabile.
Ma fa male lo stesso.
Solo che mi sono accorta che dopo averlo detto ad alta voce mi sono sentita meglio.
Ho ripreso a respirare con tutto il diaframma.
Insomma, posso usare la parola sollievo.

E dopo quattro giorni di vacanza sono andata in vacanza.

domenica 11 marzo 2012

partiamo

A volte mi sembra di non muovermi da qui, di essere sempre la stessa, di non cambiare mai.
Di invecchiare, senza crescere.
Altre volte mi sembra di non ricordare neanche più com'ero. Che per diventare mamma ho perso per strada la donna che ero.
Eppure.
Mi piacciono ancora le stesse cose, odio sempre le stesse cose di sempre.
Ancora faccio disegni indelebili sul mio corpo, ancora giro il mondo con lo zaino, ancora non ho tolto i piercing..
Ancora non so portare i tacchi, non ho neanche un tailleur nell'armadio, e se mi viene il mal di denti piango..
Ancora non so cosa voglio fare da grande, non mangio le verdure e sogno spiagge tropicali con cascate di mojito..
Come potranno mai i miei figli guardarmi e pensare che ho tutte le risposte?
Dovrei essere il loro esempio, ma mi sento ancora troppo figlia io per essere madre per loro.
Eppure.
Ho comprato una valigia rigida.
Ho fatto l'assicurazione di viaggio.
Ho prenotato un motel per la prima notte.
Questi sono i miei compromessi.
Queste sono le mie dichiarazioni d'amore per loro, per la mia famiglia.

giovedì 8 marzo 2012

il giocatore

Nella mia casa da single, di ben 50 mq, una quindicina erano occupati da un soppalco-libreria che faceva il giro di tutta la stanza. Tipo film americano insomma.
E pazienza se poi dovevo mangiare in piedi appoggiata allo snack in cucina.
Anche perché poi i single mica mangiano a casa.....
Una cosa come 500 libri. Tutti scelti da me, comprati da me, letti da me. Nessuna eredità insomma.
E tutti rigorosamente divisi per autore. E in ordine alfabetico. E divisi da quelli ancora da leggere. Un altro numero importante.
Sono sempre stata un tantino fissata sull'argomento. Sorvolerò su tutta una serie di particolari da maniaca ossessivo-compulsiva alla Jack Nicholson in "qualcosa è cambiato", ma ne avrei da farmi ricoverare.
Sono l'unica cosa salva dal mio disordine patologico.
Tutta questa noiosissima premessa per dire, a chi è sopravvissuto agli sbadigli, che stamattina mentre contemporaneamente mi lavavo/lavavo la Iena/consolavo un Vandalo distrutto dal dolore/tiravo fuori dal freezer brodi vegetali e pranzi adulti/bevevo caffè e facevo quelle altre quattrocinquecento cose che faccio la mattina random prima di uscire, insomma nel pieno dell'inferno mi è caduto l'occhio sulla mia libreria.
E ho visto.
Ho visto vent'anni di letture nascosti dietro macchinine, elecamion, buzz lightyear, un camion dei pompieri e un pallottoliere gigante.
Ho visto Philip roth mischiato ad Edward Bunker.
Dostoevskij dopo di I love shopping (oh oh....).
Irvine Welsh vicino a Le mie prime parole.
Stefano Benni tra un Libro dei colori e un barbapapà degli anni 70.
Dov'ero io mentre succedeva tutto questo?
Dov'ero mentre i cubi di legno lasciavano la cesta dei giochi per appropriarsi della seconda mensola a destra?
Dov'ero mentre Olive Kitteridge perdeva la copertina?

La mia libreria è l'esatta metafora della perdita di tutti i miei diritti dovuti alla venuta vandalica.



mercoledì 7 marzo 2012

l'apparenza inganna

Io ascolto musica improbabile. Ecco, l'ho detto.
Non avrei voluto confessarlo, che magari non sarebbe mai venuto fuori.
Ho anche provato a smettere, ma niente.
Mi sono costretta ad ascoltare fighissime playlist di Lui, grande intenditore invece.
Perché credetemi, mi piacerebbe da morire essere uno di quelli che ne capiscono moltissimo, che fanno i sofisticati o che hanno gusti così fighi da fare invidia.
E invece.
Non ho proprio orecchio.
E allora una canzone mi piace e basta, anche se è una merdata. E poi magari un capolavoro riconosciuto non mi dice niente.
Che magari mi vedi arrivare in vespa, giacca di pelle, tatuaggi, scarpe con le borchie, ipod nelle orecchie. E pensi chissà quale rock violento.
E invece c'è Raffaella Carrà che urla a squarciagola un "Pedro" d'annata.
E se posso canto anche. Con zero pudore e pessimi risultati.
Quando aspettavo il Vandalo mi dicevano di mettere delle cuffie vicino alla pancia, che la musica fa bene al feto.
Lui mi implorava di non farlo, che magari Cocciante anche no povera anima.
Ma poi dico io, se la musica è un'arte, e lo è, dovrebbe darti delle emozioni.
E allora penso che va bene qualsiasi cosa, purché ti tocchi, ti commuova, ti diverta...



p.s.: che poi la Carrà non è che proprio mi piace, ma mi mette una tale allegria.....

martedì 6 marzo 2012

di Pippo

E' successo che stanotte la Iena ha vomitato.
Senza nessun apparente motivo.
E' successo che stava nel letto con noi.
E' successo che abbiamo dovuto cambiare le lenzuola e tutto.
E' successo che il Vandalo ha sentito il trambusto, e allora ha anticipato di un paio d'ore la venuta nel lettone.
E' successo che il Vandalo non fa più un passo senza Pippo.
E' successo che il suddetto Pippo è un esemplare parlante, inspiegabilmente di origini spagnole.
E' successo che ogni più piccolo movimento di uno qualsiasi dei quattro occupanti il lettone scatena la logorrea di Pippo.
E' successo che ogni volta che Pippo apre bocca Il vandalo ride, chissà perché poi.
E' successo che per riaddormentarci tutti ci sono volute almeno tre ore. 
E' successo che poi la sveglia suona lo stesso, anche dopo notti così.
E io sono stanca, ecco. 
E sarò una pazza fottuta, ma a me stare tutti e quattro cinque nel lettone mi piace. Moltissimo.

venerdì 2 marzo 2012

non devi abbracciarmi

Oggi tristezza sparsa.
E vuoto.
E voglia di tornare a casa e abbracciare i miei figli.
E abbracciare anche Lui.
Che abbiamo litigato.
Che noi non litighiamo mai. Quasi mai.
Che ieri mi ha fatto dispiacere.
E oggi è arrabbiato con me.

Che c'entra che è Lui ad essere arrabbiato con me?
Succede sempre così. Mi fanno male delle cose, lo dico, che poi diventano montagne enormi e non fa bene a nessuno, mi passa e allora è Lui che si arrabbia, che certe cose non devo neanche pensarle figurati dirle.

E allora perché stanotte mi hai abbracciato?

E' la cosa più assurda della convivenza. Essere arrabbiati e dover comunque dividersi il letto, i pasti, le cose di tutti i giorni.
Se io sono arrabbiata con te non voglio neanche vederti, figurati dormire insieme.
E invece devo.

Però mica ti abbraccio....

E però neanche tu. Che altrimenti penso che ti è passata.

O forse è proprio questo il senso. Che quando sei grande puoi anche incazzarti, ma mica vuol dire che non ci vogliamo più..

Di giorno ti odio, ma di notte ti abbraccio.
Triste. Ma dolce.